martedì, gennaio 21, 2014

Un post sulla FISTF (copio da Subbuteoforum)


Alla vostra lettura e per i vostri commenti.

In un commento postato sul forum internazionale (http://tablefootball.friendhood.net/t552-on-professionalism#7577) ho ricapitolato le mie impressioni sul periodo trascorso in FISTF. Per quanto si tratti di un serio sforzo di riflessione e non di due scemenze da bar dello sport, ho pensato di riprodurre il post modificato sui forum italiani.


Sulla trasformazione in sport



La mia breve permanenza in FISTF mi è servita a capire che il progetto di rendere più serio il cdt è una comica: perché non ci sono i mezzi, ma soprattutto perché non è quel che vogliono gli appassionati.

Il cdt è sempre stato vissuto come giochino. La gente non vuole uno sport, vuole svago: i tornei per passare qualche giornata senza mogli fra le palle, il ranking per insaporirli dal punto di vista competitivo e il forum per cazzeggiare fra amici. In più l’età media cresce, con essa cresce il conservatorismo e arrivano i figli. Gran parte dei giocatori non ha il tempo non dico per partecipare, ma solo per entusiasmarsi a un progetto di crescita. Mancano le forze vive – i ventenni freschi di testa e con tanto tempo libero – su cui innervare il cambiamento.

Alla trasformazione in sport probabilmente non ha creduto nemmeno chi l’ha proposta. E’ stato uno strumento di potere e conseguentemente di soldi, nella migliore tradizione delle dirigenze di cui tirava le fila. Non è un caso che sia uscita fuori contemporaneamente al discorso FISTF: se si fosse riusciti ad attirare sponsorizzazioni significative e gestirne il flusso a livello europeo il cdt sarebbe potuto diventare un business apprezzabile. Alla fine la politica del cdt non è diversa da quella vera: una ghenga che dietro grandi proclami fa i propri comodi e un gregge che glielo consente per ignoranza e tranquillosità.

Su subbuteoforum.it, giustamente soprannominato bar dello sport, l’idea della trasformazione in sport ha avuto successo perché consente ai giocatori-tifosi di far andare il becco, darsi importanza e creare spirito di gruppo. Di fatto l’ultima cosa che gli avventori del barrino cercano è un serio progetto di cambiamento che gli sconvolga l’hobby e li metta davanti a scelte impegnative. Non appena si prova a passare dalle parole ai fatti perdono interesse o ti si rivoltano contro. Quando prima dell’estate la FISTF ha proposto la riforma degli statuti, dell’handbook, della casistica e del regolamento, nessuno dei primi tre punti è stato minimamente affrontato. Qualche post è apparso sulle modifiche regolamentari, con 2 utenti che si sono presi la briga di scrivere un trafiletto per ciascuna modifica. Gli altri hanno sparacchiato qualche opinione qua e là. Dove sono le commissioni di studio, i gruppi di sperimentazione, le relazioni di fattibilità, i pareri tecnici degli esperti? Deserto totale.

All’estero le cose vanno come in Italia ma senza bisogno di tirarsela: quando ero in FISTF ho chiesto a quasi un migliaio di giocatori (allertando tutti i club belgi e tedeschi) di inviarmi le misure delle loro porte per uno studio preliminare all’introduzione di un’apposita dima. Gli costava 5 minuti. Ho ricevuto due risposte.

In realtà la strada per tentare la trasformazione in sport ci sarebbe, ma richiederebbe disciplina e sacrifici (che appunto costituiscono la differenza fra sport e gioco): quadruplicare le tasse, assumere managers specializzati e rimettersi a loro per elaborare una strategia di inserimento nel circuito mediatico. Tale strategia si porterebbe appresso una rivoluzione istituzionale, agonistica e regolamentare a partire dall’introduzione di un (breve) limite temporale al possesso palla. Ma quanti ammogliati sarebbero disposti a finanziare il progetto, a rivoluzionare il proprio stile di gioco, ad arbitrare con il cronometro in mano? Quanti ‘dirigenti’ sarebbero disposti a dedicarvi le ingenti risorse di tempo e impegno che si renderebbero necessarie?


Sulla FISTF



Quando gli avventori del bar dello sport vanno a fare i dirigenti vien fuori il pauroso dilettantismo (per non dire la clamorosa cialtroneria) che regna tanto in FISTF quanto nelle federazioni nazionali: direttori e commissioni che scompaiono il giorno dopo l’elezione o lavorano due ore al mese, posti vacanti per anni, grandi progetti che rimangono nel limbo a tempo indeterminato e poi svaniscono nel nulla (stile riconoscimento CONI e formazione dei vivai), assenza di comunicazione istituzionale.

Per gestire un direttorato in maniera non dico professionale ma appena seria bisogna farne un lavoro part-time (dedicarci 20+ ore frontali a settimana). Nei ritaglini lasciati da lavoro, famiglia, figli, palestra, televisione e tornei (ai quali nessuno si sogna di rinunziare per concentrarsi sulle mansioni dirigenziali) si gestisce la routine, ma non si possono stilare relazioni preliminari, gestire programmi articolati, procedere a revisioni organiche della materia. Già ogni sforzo di coordinamento diventa un dramma (che è il motivo per cui spesso finisce per esserci uno solo che fa tutto, stile Coppenolle o Pizzolato).

Ora si pensi che in luogo di 6 persone (presidente, segretario e direttori) che lavorano 20-25 ore a settimana normalmente in FISTF ce ne sono 2-3 che ci dedicano 6-8 ore settimanali, e si avrà un’idea del funzionamento dell’istituzione. Gli altri directors sono ombre evanescenti che non hanno tempo di leggere (non parliamo di analizzare, discutere e coordinare) i tuoi papers. Già ti guardano stralunati quando si rendono conto che scrivi prospetti e relazioni invece di comunicare con un post o due paroline. Ogni volta che incroci le competenze di qualcun altro scoppia l’affanno di contattarlo e ottenere una risposta sensata, che nell’80% dei casi è “non ho tempo” seguito da “fai tu” (o peggio “ti richiamo io” che equivale a bloccare tutto per mesi o anni).

Alla fine capisci che un lavoro di qualità semiprofessionale nuoce all’istituzione che (come tutto questo ambiente di cartapesta) è in grado di gestire soltanto programmi rudimentali, e spesso nemmen quelli (riesce appena a gestire ranking e tornei).

Questo stato di cose si riflette nei tentativi di riforma degli ultimi anni. Si pensi alla riforma del portiere De Francesco, molto professionalmente imbastita sul forum senza sperimentazioni preliminari, research papers o studi di fattibilità, ma anche senza indicare quali sarebbero state le dimensioni esatte del nuovo portiere o la qualità e la durezza della plastica con cui si pensava di fabbricarlo (elemento fondamentale per evitare continue rotture contro le porte di metallo). O si pensi alla riforma Drazinakis, coi cambiamenti regolamentari rimaneggiati la settimana prima di metterla online, sperimentazione zero, comitati tecnici zero, trasferimento di una parte della casistica nel regolamento senza segnalare quali casi venivano trasferiti e quali no (col che sarebbe diventato impossibile consultarla) e dulcis in fundo la richiesta al congresso di rendere immediatamente operative 50 (!!) modifiche al regolamento (senza nemmen pensare che le federazioni nazionali avrebbero avuto bisogno di mesi per tradurle).

Non c’è sagra di paese che non sia gestita in maniera più dignitosa. E te credo, in sagra se fa bottega, questo è un giochino fra amici.


Sui padreterni a punta di dito



I padreterni a punta di dito che pontificano sulla trasformazione in sport e si spiegano a vicenda quanto sono bravi e che disgrazia è per il movimento che non siano più loro a dirigerlo, non si discostano da questo livello. Sono più intelligenti dell’avventore medio (ci vuol poco), ma oltre a non avere tempo per fare qualcosa di serio, hanno una forma mentis mille miglia lontana dalla ‘professionalità’ di cui si riempiono la bocca. E fanno bene, perché un approccio serio sarebbe osteggiato dalla base non appena se ne toccassero con mano le conseguenze.

Dalle ossessioni di Horta a Drazinakis che mi sbatte fuori sapendo che il mio lavoro è cinque volte il suo, a De Francesco pronto a distruggere qualsiasi cosa non rientri sotto il suo controllo lasciandosi alle spalle una scia di macerie (dai rapporti coll’old in poi), a Capponi che dopo tutte le aspettative suscitate si dimette per la terza volta in due anni per una spinterella senza convocare le elezioni, il cdt rimane il luogo dove ci si diverte, si bisticcia e ci si permettono comportamenti che sul lavoro e in famiglia non sono consentiti.

E nella logica del divertimento un po’ infantile ci sta anche un bel sogno a occhi aperti, a cui tanti hanno finto di credere e da cui qualcuno sperava (tanto per cambiare) di batter cassa.

Le persone un pochino più serie si sono estraniate da questa commedia. Pensano a divertirsi finché dura ovvero si sono ritagliate una nicchia dove costruire qualcosa di proprio: la WASPA, l’Extreme work, il circuito lombardo, un sito su cui elaborare un nuovo regolamento. Il giochino è rimasto in mano ai Drazinakis e agli anatroccoli. E marcia verso i suoi ultimi 10-15 anni di esistenza tanto povero di serietà e di futuro quanto ricco di sogni e divertimento. Come cioè lo vuole (o arriva a concepirlo) il 98% dei suoi cultori.


Su Lorenzo Papini



Sulla qualità del mio lavoro giudicherà chi ha letto i miei papers.

Io mi sono gettato nell’avventura del board Horta in maniera avventata, ho dato fiducia a gente che non sapeva nemmeno cosa volesse dire e mi sono illuso che l’ambiente fosse riformabile. L’ansia di dare un contributo mi ha spinto a fare promesse che non avevano rispondenza colla realtà. La mia reazione quando sono andato via dal Board, e gl’interventi che ho postato, sono stati quanto di più sterile e infantile si possa immaginare.

Non è stato facile rapportarsi a questo ambiente fatto di nuvole e raggi di luna. A me viene naturale pensare che anche gli altri vivano i propri interessi con estrema serietà, si sentano vincolati dalle proprie asserzioni e si pongano problemi di imparzialità cognitiva e di compiutezza dell’informazione prima di esprimere qualsiasi giudizio. Non sono un faccendiere furbastro e intrallazzone che ragiona in termini di appoggi, uno che un anno copre di ***** una persona e due anni dopo la rivuole presidente. Non sono un politico. Non frequento i bar e non so gestire il tipo di comunicazione che vi si svolge.

Mondi diversi devono rimanere separati. Non avrò più niente a che fare con FISTF, FISCT e qualsiasi forma di dirigenza cdt. Quelle poche volte che tirerò due colpi il cdt sarà un giochino mezzo scemo anche per me.

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